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Il cambio di dieta graduale: perché e quando è necessario

In genere consigliamo un cambio dieta graduale per evitare l’eventuale diarrea che potrebbe verificarsi durante il cambio alimentare.

In questo caso la diarrea non è una patologia ma un sintomo di risposta dell’organismo che deve tornare in equilibrio, questo tipo di diarrea è autolimitante e al massimo può durare un paio di giorni, anche senza l’aiuto di addensanti.

La diarrea si ha perché soprattutto nell’ultimo tratto di intestino (colon) si vengono a creare condizioni diverse in base all’alimento che viene introdotto ed alla digeribilità: la parte indigerita arriverà fino al colon.
Nel colon, il microbiota, che si nutre delle sostanze indigerite dal nostro animale, può proliferare e dar luogo a aumento di alcuni tipi batterici in base a quello che viene introdotto e ritornare così ad una condizione di equilibrio.
Per arrivare a questa condizione e per far in modo che il microbiota si “abitui” a nutrirsi del nuovo alimento ci vogliono un paio di giorni, giorni nei quali aumenta la parte indigerita che modifica quindi la quantità e la consistenza delle feci, poiché viene attirata più acqua nell’intestino.

I fattori che modificano le popolazioni batteriche durante il cambio di alimentazione sono:

  • Digeribilità dell’alimento: una minore digeribilità gastrica ed intestinale corrispondono ad una maggior presenza di alimenti indigeriti nel colon, che possono essere sfruttati dai microrganismi, i quali potranno proliferare.
  • Quantità dell’alimento: anche a parità di digeribilità, le quantità di alimento possono essere maggiori o minori quando si fa un cambio alimentare (esempio ne è il cambiamento tra alimentazione secca commerciale ed alimentazione casalinga), e possono causare la presenza di un quantitativo maggiore o minore di materiale alimentare nel colon.
  • Presenza di fibra fermentescibile ed amido resistente: la presenza di queste due categorie di nutrienti influisce molto sulle popolazioni che sopravvivranno, o moriranno, a causa della maggiore o minore disponibilità delle sostanze nutritive che sono in grado di utilizzare.

In linea di massima, maggiori sono i cambiamenti dalla vecchia alimentazione alla nuova e più probabile sarà una diarrea; quanto più tempo si è utilizzato uno stesso alimento, tanto più probabile sarà una diarrea da cambio alimentare.
Il cambio graduale quindi serve per evitare questa diarrea, che di per se non ha niente di patologico, e a far abituare il microbiota al cambio alimentare.
In animali che mangiano ogni giorno un alimento diverso ed ove si variano le fonti proteiche e di carboidrati, il microbiota sarà caratterizzato da una forte variabilità nella quale l’intestino accetterà meglio il cambio alimentare senza il bisogno di cambi graduali troppo lunghi.

Una situazione in cui il passaggio deve essere sicuramente graduale è il passaggio da una dieta commerciale ad una casalinga.
In genere la transizione è di 7-10 giorni se non ci sono condizioni patologiche particolari; sia nei cani che nei gatti, essendo animali molto più abitudinari, dovremmo avere molta più pazienza e molto spesso possiamo arrivare ad un cambio completo di dieta in circa due mesi.
Idealmente si inserisce un nuovo alimento per volta facendo piccoli assaggi, ad esempio: si inserisce un piccolo assaggio della nuova proteina al giorno 1, si aspettano due giorni e al giorno 4 si ripropone valutando eventuali sintomi gastroenterici o cutanei.
Una volta certi che tutti gli alimenti inseriti non provocano nessuna sintomatologia e sono ben digeribili si può variare la dieta anche ogni giorno.
La gradualità è anche un modo per far accettare meglio il cambio dieta, soprattutto nel gatto!!!

Altri “trucchetti” per far accettare meglio il cambio possono essere:

  • Consistenza: cercare di riprodurre la consistenza a cui era abituato nel caso mangiasse umido, ad esempio, sotto forma di patè, fare patè con i nuovi ingredienti casalinghi, se invece mangiava solo secco triturare il “vecchio” alimento secco e metterlo sopra all’umido come topping croccante!
  • Temperatura: riscaldare il cibo esalta sapori e odori, soprattutto nel gatto.
  • Attenzioni: molti animali mangiano dopo aver giocato o amano ricevere attenzioni per essere incoraggiati a mangiare.
  • L’appetito è la condizione fondamentale: non lasciare in giro alimenti più appetibili e non dare snack tra un pasto e l’altro.
  • Insaporitori: possiamo usare il liquido di sgocciolamento del pesce in scatola al naturale (senza spezie e non salato), brodo di carne o pesce, lievito di birra secco alimentare a scaglie, o prodotti appetibilizzanti a base di carne liofilizzata ( I’m different – Taxte explosion) o Fortiflora o Natural defences+.
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Il microbiota intestinale

Che cos’è il microbiota intestinale?

Argomento molto attuale e che assume notevole importanza alla luce di sempre nuove ricerche, è quello che riguarda microbiota e microbioma intestinale.

Per microbiota si intende la comunità di tutti i microrganismi viventi (funghi, batteri, protozoi e virus) che popolano il tratto gastrointestinale di ogni animale, con centinaia di generi diversi di batteri e più di mille filotipi diversi. La quantità stimata nei mammiferi è di circa 10-14 miliardi di cellule microbiche che sono circa 10 volte maggiori rispetto alle cellule dell’organismo ospitante.

Per questo viene anche definito come organismo ed è impensabile che non giochi un ruolo fondamentale nell’equilibrio dell’ospite.

Con il termine microbioma, invece, intendiamo l’insieme complesso dell’espressione genica di tali microorganismi.

Ogni individuo ha una composizione del microbioma unica, nonostante ci siano numerose similitudini tra individui che vivono in condizioni epidemiologiche simili.

Nonostante questa unicità, i prodotti finali metabolici del microbioma gastrointestinale sono simili tra gli individui.

I geni identificati nel microbioma, circa 3,3 milioni, rappresentano il patrimonio genetico variabile e la sua grande capacità di adattarsi alle esigenze evolutive mutevoli nel tempo, lo ha fatto definire adattoma. Secondo molti autori, l’adattoma è stato fondamentale nell’evoluzione dell’uomo e degli animali.

I phila più rappresentativi sono rappresentati da FirmicutesBacteroidetesProteobacteriaActinobacteriaSpirochete, e Fusobatteri che costituiscono quasi il 9Microbiota intestinale - Michela Pettorali Nutrizione Veterinaria

9% di tutta la flora intestinale di cani e gatti.

Phyla meno abbondanti sono TenericutesVerrucomicrobiaCianobatteri e Chloroflexi.

I microbi intestinali mettono in atto diversi meccanismi di aiuto per l’ospite:

  • creano barriera difensiva contro gli agenti patogeni
  • aiutano nella scomposizione dei nutrienti presenti nella dieta per poi produrre energia
  • forniscono metaboliti nutrizionali per le cellule intestinali
  • svolgono un ruolo nella regolazione del sistema immunitario dell’ospite

Si può quindi constatare che esiste una cooperazione tra organismo ospite e “organismo” microbiota.

Ancora non è possibile stabilire e definire un microbiota “normale” poiché ogni individuo ha un pool di microoganismi, acquisiti fin dalla nascita, che subisce modificazioni nel corso del tempo come risposta ad eventi, fisiologici, parafisiologici e patologici, esempi ne possono essere l’invecchiamento, variazioni alimentari e malattie.

La colonizzazione dell’individuo avviene fin dalla nascita e varia anche in funzione del tipo di parto (cesareo o naturale) o fattori ambientali (nascita all’aperto, in famiglia, presenza di altri animali).

Alcuni passaggi fisiologici, sono fondamentali, come lo svezzamento: durante il passaggio dall’alimentazione lattea a quella semisolida e solida si ha abbondanza di Bacteroidetes che degradano i polisaccaridi e di Fusobacteria che fermentano proteine e aminoacidi producendo SCFA.

La ricchezza delle specie microbiche nel microbiota dei cuccioli aumenta progressivamente da 2 giorni fino alle 52 settimane mentre nei cani di età compresa tra 3 mesi e 12 anni sono stati osservati pochi o addirittura nessun cambiamento; questo potrebbe suggerire, come accade nell’uomo, che la biodiversità del microbiota dei cuccioli aumenta durante il periodo postnatale, si stabilizza pochi mesi dopo lo svezzamento e poi diminuisce lentamente una volta anziani.

Questo sottolinea l’importanza della fase prenatale per quanto riguarda la madre ma, ancor di più, della fase neonatale in quanto il microbiota basale si forma nei primi 4-6 mesi e viene definito come core microbiome.

Il rapporto tra dieta e microbiota è centrale ed è di vitale importanza per l’instaurarsi della tolleranza orale che influenza la suscettibilità dell’individuo a disturbi immunitari come l’atopia o le IBD.

Le malattie gastrointestinali possono avere diverse cause tra le quali, le più frequenti di origine microbica sono:

  • colonizzazione di patogeni
  • disbiosi (alterazione dell’omeostasi del normale microbiota)
  • alterata comunicazione tra sistema immunitario intestinale e microbiota

La disbiosi è definita come un’alterazione strutturale del microbiota sia a livello di composizione che di funzionalità (eccesso di patobionti, riduzione o perdita di batteri commensali ad azione benefica, perdita selettiva di alcuni ceppi specifici, alterazione del profilo microbiotale aderente alla mucosa etc.).

Le disbiosi sono frequentemente associate a malattie gastrointestinali sia acute che croniche come le malattie infiammatorie intestinali (IBD).

Questo perché possono portare ad un’alterata funzione della barriera intestinale, a danni dei microvilli e degli enterociti, ad un aumento della competizione per le sostanze nutritive e le vitamine, e ad un’aumentata deconiugazione degli acidi biliari.

Le famiglie batteriche comunemente depauperate durante la malattia gastroenterica sono LachnospiraceaeRuminococcaceae, e Faecalibacterium, importanti produttori di acidi grassi a catena corta (Short Chain Fatty Acids – SCFA), che svolgono un ruolo importante nel mantenimento della salute gastrointestinale: la loro diminuzione porta alla diminuzione di SCFA come acetato e butirrato che può compromettere la capacità dell’ospite di regolare una risposta immunitaria intestinale. E’ dimostrato negli esseri umani che, ad esempio, il Faecalibacterium prausnitzii è costantemente ridotto in corso IBD; questo batterio produce metaboliti con proprietà anti-infiammatorie, regolando la secrezione di Interleuchina 12 (IL-12) e Interferone gamma (IFNγ) e aumentando l’Interleuchina 10 (IL-10).